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Fiscal Drag: con l’inflazione ritorna il fenomeno del drenaggio fiscale. Che fare?

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Esempi, prospettive e contromisure.

Fiscal drag” (drenaggio fiscale) un concetto che ai più giovani probabilmente non dirà molto, ma che potrebbe invece rievocare ricordi non entusiasmanti a chi ha attraversato gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, passati alla storia, fra l’altro, anche per l’elevata inflazione, con la “scala mobile” e le retribuzioni indicizzate all’aumento di prezzi.

Uno degli effetti collaterali dei dispositivi di mantenimento del potere d’acquisto, era appunto il fiscal drag, derivato indirettamente dal funzionamento dell’IRPEF – l’imposta sui redditi delle persone fisiche – che, nel rispetto dell’Art. 53 della Costituzione (“…Il sistema tributario è informato a criteri di progressività…” ) prevede aliquote tanto più elevate quanto più elevati sono i redditi, suddivisi per scaglioni. Così, aumentando i salari, sale di riflesso anche l’imposizione fiscale.

Naturalmente i salari si possono adeguare anche senza la “scala mobile” che, in senso stretto, non è attiva da tanto tempo. Dopo il forte impatto inflattivo dell’anno passato è facile immaginare che per la contrattazione collettiva uno dei temi centrali sia proprio quello dell’adeguamento dei salari “nominali”, al fine di mantenere il valore reale “pre-inflazione”.

Ed eccoci al punto: in questa ipotesi il valore lordo degli aumenti potrebbe essere in parte assorbito dalla più elevata tassazione che si viene a creare in ragione della “progressività” dell’imposta. L’effetto potrebbe essere amplificato dalla parallela riduzione delle detrazioni (es. per lavoro dipendente) il cui valore decresce all’aumentare del reddito: il “fiscal drag” è tutto qui, con il fisco che “drena” parte dell’incremento retributivo, non consentendo il pieno recupero dell’inflazione.

Simulazioni: l’effetto del fiscal drag

L’indicatore IPCA, che rappresenta la crescita dei prezzi al consumo al netto dei beni energetici importati e che è utilizzato come riferimento in uso nella contrattazione collettiva, nel 2022 ha registrato un +6,6%. Se nei prossimi due anni fossero confermati tassi di inflazione attorno al 5% ci troveremmo, in un triennio, davanti ad una possibile perdita di potere d’acquisto del 15%.

Per puro esercizio, abbiamo provato a simulare l’effetto, in termini di imposte e detrazioni, per un paio di dipendenti a cui fosse riconosciuto un aumento lordo di pari misura, per recuperare l’inflazione. Ci siamo concentrati sulla fascia di reddito più delicata (25.000 – 28.000 €) che, tra l’altro, rappresenta fedelmente l’aderente medio di Solidarietà Veneto.

Naturalmente noi tutti auspichiamo che, dopo la fiammata del 2022, i prezzi si stabilizzino; in ogni caso la discussione sulla neutralizzazione del fiscal drag è già avviata e i Governi saranno chiamati a trovare le risorse finanziare per architettare le contromisure del caso.

Nel frattempo, i cittadini possono contare su alcune contromisure, fra cui l’utilizzo degli strumenti welfare che, sganciati dal computo del reddito imponibile e/o contraddistinti da regimi fiscali – contributivi di favore, potrebbero offrire nel breve periodo una preziosa boccata d’ossigeno.

Riprendiamo quindi in sintesi l’argomento, richiamando anche alcuni degli approfondimenti che nel tempo abbiamo prodotto riguardo a questi tempi.

Anzitutto va detto che le fattispecie di welfare sono numerose, possono essere introdotte per accordo/contratto collettivo e possono derivare da accordi sul Premio di Risultato o discendere da Regolamentazione aziendale.

Molte aziende, come sappiamo, utilizzando talune piattaforme per consentire ai dipendenti di selezionare le soluzioni di welfare ritenute più opportune nel rispetto dei limiti di legge. Fra queste vi possono ad esempio essere i rimborsi spese per spese sanitarie, ma anche per altri servizi (tempo libero, istruzione, cultura, ecc.).

Sono naturalmente riconducibili all’ambito del welfare anche i versamenti aggiuntivi alla previdenza complementare.

La normativa di settore si è costituita per successive “sedimentazioni” temporali ed appare quindi frastagliata. Ciascuna delle fattispecie richiamate è infatti disciplinata da norme che specificano limiti e tecnicismi. Richiamiamo alcuni dei riferimenti principali, rimandando per approfondimenti ai corsi di formazione erogati periodicamente dal Fondo:

  • TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) in particolare Artt. 51 e 100;
  • Leggi di Stabilità e Bilancio, in particolare del 2016, 2017 e 2018;
  • Circolari e risoluzioni Agenzia delle Entrate, in particolare circ.28/E del 2016, Ris. 55/E del 2020.

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