Nel mezzo di questa torrida estate, forse un po’ distratti dalla prospettiva vacanziera, commentiamo i risultati del primo semestre 2022 che, surriscaldato dall’inflazione e dal rischio recessione, si chiude con un violento… “temporale”. Almeno nel breve, si prospetta una rasserenante rinfrescata (finanziaria).
Fin troppo facile, in queste settimane, il parallelo fra il meteo ed una finanza che, da sei mesi e forse più, ci fa penare, con tutte le componenti dei portafogli (azioni ed obbligazioni) che soffrono, scontando gli effetti del conflitto Russia – Ucraina, il sopraggiungere dell’inflazione ed il rischio recessione.
Osserviamo così gli interventi delle banche centrali, impegnate a contenere il surriscaldamento dei prezzi, attraverso il rialzo dei tassi. L’aspettativa verso l’emissione di titoli di debito più remunerativi, rende meno attrattive le obbligazioni in circolazione, che vedono scendere il loro valore. In parallelo, l’investitore intravvede un nuovo potenziale per gli asset obbligazionari, da cui si era scostato negli ultimi anni, in ragione dei “tassi a zero”.
E le azioni? La brusca frenata di questi mesi, pur trovando giustificazione nei molteplici fattori indicati in premessa, va forse messa in relazione con la forte crescita degli ultimi anni, alimentata – fra l’altro – anche dalle politiche espansive, con cui le FED e BCE hanno di volta in volta gestito criticità ricorrenti (Lehman, Spread, Covid…). Nel ribasso, tuttavia, si potrebbe ripristinare un rapporto fra valore delle azioni e “fondamentali” economici, maggiormente razionale ed interessante per l’investitore.
I risultati di fine giugno pagano questo scenario complicato: ancora una volta il “pallino” resta in mano alle banche centrali, ora impegnate nel difficile compito di frenare l’inflazione, senza tuttavia bloccare la crescita economica, mandando l’economia in recessione.
Questa la sintesi di un semestre che, come si diceva in apertura, ci ha offerto, ad inizio giugno, qualche “evento (finanziario) estremo” degno di nota e interessante in prospettiva: anzitutto il rialzo dei rendimenti dei titoli di stato, dopo aver toccato un massimo il 14 giugno (rendimento BTP decennale al 4,25%) si è interrotto. I rendimenti si sono stabilizzati su livelli che – per quanto lievemente superiori a quelli di maggio – stanno trovando conferma anche nelle settimane più recenti.
Questa “quiete dopo la tempesta” naturalmente non ci spiace, ma va presa con le “pinze”, dato lo scenario incerto. Con la stabilizzazione dei rendimenti, infatti, i mercati potrebbero volerci dire che la priorità per le banche centrali potrebbe non essere più il contenimento dell’inflazione, ma il sostegno al ciclo economico di fronte al rischio recessione. E, in effetti, a giugno si registra un forte ribasso dei mercati azionari, che avvalorerebbe tale ipotesi (impressiona in tal senso il -13% della borsa italiana). Anche per quanto riguarda le azioni, tuttavia, la violenta discesa si è registrata negli stessi giorni in cui i rendimenti dei bond erano in salita: la situazione, dalla metà del mese, si è quindi stabilizzata e – come per le obbligazioni – tale nuova fase sembra proseguire anche a luglio.
Senza voler dunque rappresentare uno scenario improvvisamente rasserenato… possiamo tuttavia dire con certezza che la “burrasca” di metà giugno ha fatto danni, ma ha “rinfrescato” l’ambiente finanziario, stabilizzando i rendimenti dei bond ma pure riducendo la volatilità sui mercati azionari. L’auspicio è quindi per un avvio di secondo semestre meno opprimente di quello appena conclusosi.
Il caso Italia
Prima di passare alla situazione sui singoli comparti dobbiamo spendere qualche parola sul caso Italia, che approfondiremo certamente meglio nel prossimo mese. A favorire la stabilizzazione dei mercati obbligazionari di casa nostra (e non solo), dopo l’apice della volatilità di metà giugno, ha infatti contribuito la BCE che, nella riunione dello scorso 15 giugno, ha dichiarato il suo impegno del “contrastare il riemergere dei rischi di frammentazione”. Ci si riferisce evidentemente alla frammentazione, ossia alla differenza, fra la forza delle singole economie europee.
Un livello elevato di tassi di interesse, anche se apprezzato dagli investitori, può infatti far male alle casse degli stati dove è più alto l’indebitamento pubblico, fra cui l’Italia. Parafrasando le parole della BCE possiamo dire che, in parallelo al rialzo dei tassi, l’istituto si impegnerà a proteggere le economie meno solide. L’impostazione richiama l’ormai celebre “whatever it takes” del luglio 2012 (giusto dieci anni fa) con cui Mario Draghi – allora Presidente BCE – innescò la positiva fase finanziaria conclusasi proprio alla fine dello scorso anno. L’importanza dell’“ombrello” BCE in questa fase appare chiaramente, anche in ragione delle dinamiche politiche che stanno attraversando il nostro Paese.
Vediamo dunque come questo giugno di “burrasca” e stabilizzazione abbia inciso sull’andamento dei comparti del Fondo regionale.
Rendimenti netti Giugno 2022
DINAMICO
Il -3,63% di giugno matura in due fasi opposte: alla forte discesa dei primi quindici giorni, si contrappone infatti la successiva stabilizzazione ed una lieve ripresa, nella seconda metà del mese. Il risultato, determinato in larga parte dai ribassi della componente azionaria (mediamente 55% delle risorse gestite) è mitigato dalle asset class alternative, quali soprattutto il “private equity” (investimento nel capitale delle PMI italiane): stanno infatti giungendo a maturazione le prime operazioni avviate fra il 2014 ed il 2017, con risultati che – tenuto conto del complicato periodo (pandemia Covid19) – stanno dando un prezioso, seppur contenuto, contributo. La performance nel semestre -10,91% (benchmark -10,24%) rimanda la memoria al 2006-09 (crisi subprime – Lehman Brothers), quando il comparto registrò un pesante -21% dai massimi. Sappiamo peraltro che proprio chi allora avviò il proprio percorso di investimento, sta beneficiando a tutt’oggi di risultati finanziari di assoluto riguardo. Riteniamo che da tale valutazione possano trarre indicazioni interessanti i tanti iscritti che, avendo a disposizione molti anni da qui alla pensione, nel mezzo di un periodo ugualmente complicato, hanno avviato un percorso di investimento che potrebbe dare analoghe soddisfazioni nel medio lungo termine.
REDDITO
Anche il comparto “centrale” del Fondo soffre la pesantezza dei mercati azionari (e secondariamente, di quelli obbligazionari) della prima quindicina di giugno. L’impostazione fortemente diversificata contribuisce tuttavia a contenere il ribasso (-2,01%), anche grazie alla positiva performance – seppur legata ad una porzione limitata del portafoglio – degli investimenti alternativi dedicati alle infrastrutture e soprattutto al private equity (investimento nel capitale delle PMI italiane). Da inizio anno il valore quota tocca quota -8,56% (benchmark-8,74%), ma la stabilizzazione osservata nella seconda metà del mese fa ben sperare, quantomeno per il breve termine. Restano le incognite legate allo scenario recessivo che, tuttavia, l’investitore del comparto Reddito – orientato al medio termine – può approcciare potendo contare su rendimenti attesi della parte obbligazionaria migliori rispetto a soli sei mesi fa e su valori della componente azionaria meno estremi che in passato.
PRUDENTE
La caduta dei mercati azionari della prima metà di giugno colpisce anche il Prudente: con il -1,33% del mese, la performance da inizio anno tocca quota -4,70% (-5,21%). Il Prudente, come già osservato nei mesi passati, pur in sofferenza, sta dimostrando in questo difficile periodo la sua forza difensiva. Se nel Dinamico e nel Reddito le “buone notizie” (nel difficile quadro) venivano dagli strumenti alternativi, qui si rileva invece la capacità dei gestori tradizionali (Eurizon e soprattutto Unipol) di sovraperformare il benchmark attraverso una gestione che – in coerenza con la denominazione del comparto – si è rivelata particolarmente… Prudente. E’ chiaro peraltro che questa impostazione cauta potrebbe non essere la più adatta a beneficiare dei periodi di crescita: in effetti il rendimento del Prudente nel decennio (+23,5%) è largamente superato da quello del Reddito (+31,3%) e ancor più del Dinamico (+63,51%). Ancora una volta occorre dunque ricordare che non si decide l’assetto del proprio investimento sulla base dell’emotività, o valutando i rendimenti passati, soprattutto se misurati su un periodo non coerente con il proprio orizzonte temporale di investimento. I rendimenti passati non sono infatti indicativi di quelli futuri, e ciò potrebbe valere in maniera particolare per il comparto Prudente che, tra l’altro, si approssima ad una modifica di struttura. L’aggiornamento si concretizzerà nell’autunno e punta ad una remuneratività di medio periodo adeguata alle aspettative di chi sceglie il comparto in ragione di un orizzonte temporale che può arrivare anche a 9 anni.
GARANTITO TFR
Il risultato di giugno (-1,70%), che porta la performance a fine semestre a quota -7,96%, paga la debolezza (soprattutto nella prima quindicina del mese) del mercato obbligazionario, ma anche di quello azionario, che si riverbera anche sulla porzione del portafoglio investita in obbligazioni “corporate”, ossia quelle emesse da aziende. La stabilizzazione che si sta concretizzando dalla seconda parte del mese scorso, tuttavia, fa intravvedere un avvio di secondo semestre in miglioramento. Con la fine del mese di giugno la gestione affidata a Generali compie due anni: i ribassi dei tassi, che puntavano nel 2020 a contrastare gli impatti della pandemia, favorirono un brillante avvio. Seguì un periodo stabile, ma con una remunerazione modesta, seppur in linea alle aspettative. Infine i ribassi del 2022, in corrispondenza del rialzo dei rendimenti. Il risultato, nel biennio, è negativo (-4,82%) e, in qualche occasione, le liquidazioni degli associati sono state integrate attraverso la protezione della garanzia. Anche in questo caso, osservando in prospettiva, intravvediamo uno scenario migliore rispetto al passato: nel 2020 il gestore Cattolica dovette intervenire per compensare rendimenti veramente contenuti (eravamo nel mezzo del “deserto dei tassi a zero”). Prospetticamente ci si sta invece avviando ad una situazione opposta, nella quale – ad esempio – il rendimento del BTP decennale sfiora il 3,5%. Occorrerà pazientare un po’ per il recupero di questo periodo nefasto, ma nella criticità della situazione attuale si cela probabilmente una prospettiva più consistente di quella passata.