La ridefinizione dell’assetto degli ammortizzatori sociali attualmente in corso, pone all’ordine del giorno alcune riflessioni anche sul mondo della previdenza complementare.
In particolare, in alcune assemblee, alcuni lavoratori ci hanno chiesto: quali sono le possibilità per un aderente che, a seguito della perdita del posto di lavoro, si trova in Naspi?
Il dubbio sollevato dai lavoratori è legittimo proprio per il processo, attualmente in corso, di riforma legislativa – avviato con la legge Fornero 92/2012 e poi ripreso dal Jobs act – che prevede un graduale assorbimento nella Naspi di tutti gli ammortizzatori sociali. Vediamo la situazione oggi.
La Naspi è la nuova indennità di disoccupazione che, allo stato attuale, ha natura differente rispetto all’indennità di mobilità. Quest’ultima affonda le radici nella legislazione sugli ammortizzatori sociali conseguenti a licenziamenti collettivi ex legge 223/91.
Le due indennità (mobilità e Naspi) non sono cumulabili, per cui l’accesso all’una esclude l’altra (Circolare Inps n.142/2015).
In particolare dal 1 gennaio 2017 la Naspi assorbirà l’indennità di mobilità secondo modalità che andranno senz’altro meglio definite.
Tuttavia, al momento, la nuova Naspi riformula semplicemente la vecchia indennità di disoccupazione, prevedendo condizioni differenti ed un prolungamento della durata (fino ad un massimo di due anni).
In sintesi, allo stato attuale, la Naspi ridefinisce, ma non modifica, la natura della precedente indennità di disoccupazione (rimane sempre collegata allo status di “disoccupato”) e, per questo motivo, non può ancora essere assimilata alla “mobilità”.
Alla luce di tali considerazioni, per l’aderente che percepisce la Naspi e che si trova in difficoltà, rimane quindi confermata la possibilità, già prevista dall’attuale normativa, di procedere al “riscatto agevolato” del 50% della posizione in caso di inoccupazione pari o superiore a 12 mesi.
Fonte: Mefop SpA
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