L’annuale relazione, che illustra lo stato della previdenza complementare nel nostro Paese, ci presenta numerosi segnali di miglioramento, anche se rimangono delle zone d’ombra: in questo approfondimento, vedremo chi si iscrive ai fondi pensione, in che misura e in quali regioni è più radicata la cultura previdenziale.
31 dicembre 2021: 8,8 milioni di italiani hanno scelto la previdenza complementare, con una crescita del 3,9% rispetto al 2020. Grazie all’effetto congiunto delle nuove adesioni, ma anche della riduzione delle forze lavoro, il tasso di partecipazione (34,7%)di cui Covip ci dà conto nella “Relazione annuale per il 2021”, è migliore rispetto al passato (nel 2011 – dieci anni fa – eravamo a quota 27,6%).
Non si tratta tuttavia di un dato di piena soddisfazione: la previdenza complementare in Italia è ben lontana da consolidarsi come consuetudine diffusa. Se dunque è vero che il problema pensionistico riguarda tutta la cittadinanza, occorre riflettere sul fatto che la possibile soluzione non sia stata presa in considerazione da due interessati su tre.
Sulle motivazioni ci si potrebbe sbizzarrire, ma preferiamo soffermarci su alcuni particolari punti di debolezza, riguardo ai quali Mario Padula, Presidente della Covip, si è espresso chiaramente:
“Donne, giovani, lavoratori delle aree meridionali continuano a essere in modo preoccupante più assenti dal settore della previdenza complementare; proprio quelle figure per le quali, appunto perché più fragili nelle loro condizioni di occupazione, è più urgente il bisogno anche di costruzione di un futuro previdenziale” (Fonte: Relazione del Presidente, pag. 32)
DONNE E UOMINI. IL MANIFATTURIERO VENETO
Anzitutto il tasso di adesione delle donne (30,9%) è lontano da quello che si registra fra gli uomini (37,5%): a tale rilievo dovremmo aggiungere ulteriori considerazioni sulla partecipazione delle donne al mondo del lavoro e ai temi retributivi. Uno squilibrio che si accosta a quanto accade in Solidarietà Veneto, ove la forte presenza femminile nella moda e nell’occhialeria non basta a compensare la prevalenza maschile negli altri ambiti del manifatturiero.
Pesa in tal senso soprattutto l’assenza, nel fondo regionale, di alcuni settori dove la presenza femminile è di regola più rilevante (terziario, bancario/assicurativo, professioni, ecc).
I GIOVANI. L’IMPORTANZA DELL’INFORMAZIONE
Altro tallone d’Achille del sistema è quello relativo ai giovani: gli “under 35” iscritti ai fondi pensione sono meno del 18% rispetto al totale.
La demografia, che contribuisce a ridurre la presenza di queste coorti nel mondo del lavoro, non spiega del tutto il fenomeno. Altri imputati sono probabilmente la minor capacità di risparmio, ma anche una certa carenza informativa rispetto alla questione previdenziale.
Migliore, da questo lato, la situazione del Fondo territoriale: la percentuale dei “giovani”, in Solidarietà Veneto, tocca infatti quota 22% e, nonostante i numerosi aderenti che mantengono la posizione pur avendo maturato i requisiti per il pensionamento, l’età media degli iscritti al Fondo (44,4 anni) è inferiore a quella nazionale (47 anni). Crediamo in tal senso che il punto di forza del fondo territoriale risieda nella capacità di incontrare i più giovani, recuperando quel “gap” informativo che altrove, all’opposto, li tiene lontani dallo strumento previdenziale.
LA DISOMOGENEITA’ GEOGRAFICA ED IL CASO DEI FONDI TERRITORIALI
Anche nella previdenza, come in altri ambiti economici, si manifesta in Italia una notevole disomogeneità geografica: nella gran parte delle regioni meridionali la partecipazione ai fondi è infatti inferiore alla media nazionale, con il minimo del 25,2% in Sardegna.
Covip, da questo punto di vista, evidenzia che i più elevati tassi di partecipazione si registrano nelle regioni in cui sono presenti fondi pensione territoriali: al Veneto, dove il tasso tocca quota 43,1%, si affiancano infatti la Valle d’Aosta (45,4%) ed Trentino-Alto Adige (57,5%), ove operano i fondi negoziali Fondemain e Laborfonds.
Un interessante punto comune, a fronte del quale si rileva pure una rilevante difformità: a differenza del Veneto, nelle due Regioni “a statuto speciale” la contrattazione consente l’accesso ai fondi territoriali a quasi tutte le categorie lavorative (pubblico impiego, commercio, ecc.) determinando intuitivamente una maggiore diffusione della previdenza in questi settori.
Su questi tre punti (partecipazione femminile, l’assenza dei giovani, la disomogeneità geografica), l’angolo visuale di Solidarietà Veneto offre una situazione parzialmente meno critica di quanto rilevato per il tramite della Relazione Covip. Gli scostamenti, rispetto alla media nazionale, non devono tuttavia illudere: anche nella nostra regione i livelli di diffusione della previdenza complementare – nei vari contesti settoriali – presentano ampi margini di miglioramento.
Per questo riteniamo possa essere prezioso il contributo della Regione che, con la Legge 15/2017, si è impegnata nel sostegno dei sistemi di welfare territoriale.
Un’azione che ci pare trovi corrispondenza nell’appello del Presidente Covip Padula: lo facciamo nostro, quale conclusione alle valutazioni qui condivise.
“Affrontare efficacemente tale tema è una priorità, per i fondi pensione e le parti sociali ma anche per il decisore politico. È in gioco il futuro del Paese, già messo a rischio ormai da tempo da una fase prolungata di bassa crescita economica, della produttività e dei redditi; da un mercato del lavoro che purtroppo troppo spesso fatica a realizzare le condizioni per una occupazione effettiva e di qualità e nel quale il confine tra lavoro dipendente e lavoro autonomo è reso più labile da fenomeni di dumping sociale; da un calo di natalità sempre più marcato che mette a rischio il patto generazionale su cui il Paese si fonda, specie negli effetti sul sistema pensionistico” (Fonte: Relazione del Presidente, pag. 32)