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Relazione annuale COVIP 2019: storia di un’ottima annata (alla vigilia del Coronavirus)

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Come ogni anno, dall’osservatorio privilegiato dell’’Organismo di Vigilanza, giunge la Relazione che descrive lo stato di salute della previdenza complementare italiana. I segnali positivi ci dicono che il modello, forse lentamente, ma inesorabilmente prende quota. Questo almeno prima dell’arrivo di Covid-19. Nelle Considerazioni del Presidente troviamo invece alcuni interessanti spunti di prospettiva.

Dalla Relazione annuale, pubblicata lo scorso 24 giugno, traspare l’immagine di una previdenza complementare che continua a diffondersi e che si sta rivelando, proprio in questo complicato 2020, fattore decisivo a supporto dei sistemi economici.

Proponiamo di seguito una sintesi degli aspetti a nostro parere più interessanti.

MENO FONDI MA PIU’ ISCRITTI. LA PREVIDENZA SI CONSOLIDA E SI DIFFONDE

In Italia, a fine 2019, si contavano 380 forme pensionistiche: 33 fondi negoziali, 41 aperti, 70 piani individuali pensionistici (PIP) “nuovi”, 235 fondi preesistenti, oltre a FONDINPS, ora in via di superamento. Dieci anni prima (1999) erano quasi il doppio: il sistema si sta dunque consolidando e le economie di scala, derivanti dalla maggiore dimensione, favoriscono il contenimento dei costi – tema sul quale la Covip è particolarmente attenta – fermo l’auspicio di un servizio di qualità crescente.

La crescita delle iscrizioni (+4% a livello nazionale nel 2019) è trascinata soprattutto dalle cosiddette adesioni contrattuali, fattispecie che si sta facendo largo da qualche anno grazie alla contrattazione collettiva. Ne traggono beneficio i fondi pensione negoziali (+5%). La diffusione della previdenza complementare resta tuttavia insufficiente: solo il 31% dei lavoratori attivi è iscritto ad un fondo pensione. Numeri migliori della media si registrano nel Nord del Paese, soprattutto dove operano anche fondi territoriali (Trentino – A.A., 52,3%; V.d’Aosta, 41,9%, Veneto, 38%).

RENDIMENTI BUONI MA… ATTENZIONE AI COSTI

Anche Covip conferma il 2019 quale “buona annata” dei mercati finanziari. Ne traggono beneficio i rendimenti dei fondi pensione, anche su base pluriennale. Tra il 2009 ed il 2019, il rendimento medio annuo composto è stato del 3,6% per i fondi negoziali e del 3,8% per i fondi aperti. Si ferma al 2,6% la performance delle “gestioni separate” assicurative.

La Relazione si sofferma di norma sull’anno precedente, ma in questa particolarissima fase – attraverso le Considerazioni del Presidente – si spinge oltre, fornendo qualche evidenza sui mesi iniziali del 2020 da cui emerge il rilevante impatto di Covid-19. Nel primo trimestre i fondi pensione hanno registrato risultati complessivamente negativi, specie nel caso di elevata esposizione alla componente azionaria. Come anticipato da un articolo del Sole24ore di qualche settimana fa, i fondi negoziali hanno perso il 5,2%. Peggio hanno fatto i fondi aperti (-7,5%) ed i PIP di ramo III (-12,1%). L’andamento di mercato non viene invece trasposto nel rendimento (+0,4%) delle assicurazioni di Ramo I, poiché questi strumenti (utilizzati da fondi preesistenti o PIP) contabilizzano le attività a costo storico, dunque senza tenere conto delle oscillazioni di prezzo.

Come sappiamo i rendimenti sono condizionati dai costi di gestione e, nella Relazione, a tal riguardo si legge che “I PIP restano i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC) è in media del 2,20 per cento (…) Si conferma, invece, la minore onerosità dei fondi pensione negoziali: sul medesimo orizzonte temporale, l’indicatore è dello 0,40 per cento. È dell’1,35 per cento per i fondi pensione aperti”.

Un tema che reputiamo di fondamentale importanza, soprattutto nell’attuale scenario dei tassi bassi.

I FONDI RACCOLGONO E PAGANO… E QUANTO!

Si conferma pure la crescita dei contributi versati ai fondi pensione, pari al 10,4% del PIL e al 4,2% delle attività finanziarie delle famiglie italiane: un valore sempre più rilevante.

Nel 2019 inoltre le erogazioni per pensioni, riscatti ed anticipi salgono a 8,4 miliardi di euro. Riguardo alle sole prestazioni pensionistiche si riscontrano 3 miliardi di euro di liquidazioni in forma capitale. Inferiore, ma in crescita, il valore delle rendite pensionistiche (circa 600 milioni di euro).

Spicca pure il controvalore delle liquidazioni in forma di RITA (rendite integrative temporanee anticipate): circa 500 milioni di euro. Insomma, la pensione “anticipata” sembra piacere sempre di più.

Riguardo agli effetti di Covid-19 su contribuzioni e prestazioni, allo stato non ci sono rilievi esaustivi.

Nelle “Considerazioni”, il Presidente della Covip dichiara tuttavia che ”…nei prossimi mesi è ragionevole attendersi, anche in relazione all’entità della caduta dell’attività economica, la flessione dei contributi e l’incremento delle richieste di prestazioni”.

I PUNTI CRITICI: GIOVANI E DONNE, ECONOMIA REALE

Molto interessanti i rilievi prospettici che si possono individuare sempre nelle “Considerazioni del presidente”.

Il Professor Padula richiama anzitutto l’importanza del rafforzamento strutturale dei fondi pensione, mettendone in risalto il contributo che possono dare alla ripresa e allo sviluppo economico.

A tal riguardo egli afferma che: “L’emergenza epidemiologica e le sue ricadute sull’attività economica non ridimensionano il ruolo che il capitale paziente può svolgere nel finanziamento dell’economia” e, anzi, sostiene che i fondi pensione” …possono fornire un contributo di liquidità e quindi di stabilizzazione a mercati la cui volatilità questa crisi ha particolarmente accresciuto.”

Una visione, che condividiamo e sulla quale abbiamo avuto modo di esprimerci qualche tempo fa.

L’Autorità di vigilanza si sofferma inoltre su 2 temi:

  • Inclusione delle fasce più deboli. La partecipazione alla previdenza complementare dei soggetti under 35 è pari al 21%, inferiore di circa un terzo a quella delle fasce di età centrali (35-54 anni). Anche la contribuzione è inferiore di circa la metà. Per genere, il tasso di partecipazione delle donne è poco meno del 30% (uomini 34%).
  • Investimenti in “economia reale”. Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) è limitato al 26,8% del patrimonio, di cui i titoli di Stato ne rappresentano la quota maggiore. Gli investimenti in titoli di imprese domestiche rimangono marginali, seppur con qualche eccezione.

CONCLUSIONI. IL PATTO FRA GENERAZIONI PER GUARDARE AL FUTURO CON SPERANZA

Covid-19 imporrà ai policy maker del nostro Paese riflessioni profonde relativamente alla futura sostenibilità dei sistemi previdenziali e, a tal riguardo, ci sembrano particolarmente illuminanti alcuni passaggi ripresi ancora una volta dalle “Considerazioni del Presidente:

“E’ necessario un rinnovamento del patto tra generazioni che guardi ai giovani, per assicurare loro spazi adeguati di lavoro e di vita, e agli anziani, per garantire loro la serenità di cui hanno bisogno.

Padula evoca inoltre l’esigenza di un sistema più inclusivo “agendo sui fenomeni di marginalità del mercato del lavoro”, auspica che si lavori per “…aumentare la fiducia nel sistema…” e per favorire “…il finanziamento della crescita delle imprese e delle infrastrutture del nostro Paese…”

In conclusione, ci dice che: “Bisogna fare tutto questo se si vuole costruire una società in cui al patto tra generazioni sia restituita la centralità che merita. Solo così, anche in tempi come questi, si potrà guardare al futuro con speranza.”

Relazione per l’anno 2019, Considerazioni del Presidente, 2019

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