Il messaggio arriva dal Presidente dell’Istituto di statistica, Giorgio Alleva, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione Affari costituzionali della Camera.
Sulla base degli scenari demografici, l’Istat stima che i requisiti per la pensione di vecchiaia saliranno di cinque mesi nel 2019, passando dagli attuali 66 anni e 7 mesi a 67 anni.
L’incremento è frutto dell’ormai consolidata transizione demografica del nostro Paese: nei prossimi trent’anni la popolazione anziana raggiungerà il 34% del totale nel 2051, mentre la popolazione in età da lavoro sarà attorno al 54%.
Per questo, anche per il futuro, l’Istat stima che la crescita sarà costante: dal 2021 il requisito per la pensione di vecchiaia salirebbe di altri tre mesi, mentre con i successivi adeguamenti, dal 2023, si salirebbe di due mesi ogni due anni. Una traiettoria destinata a portare le nuove età di pensionamento a 68 anni e 1 mese dal 2031, 68 anni e 11 mesi dal 2041 e a 69 anni e 9 mesi dal 2051.
Di fronte a questo andamento, acquisisce ancora più importanza la possibilità di anticipare l’età pensionabile utilizzando strumenti come l’APE e, soprattutto, la RITA.
Un automatismo necessario
Gli adeguamenti dell’età pensionabile, ad oggi, avvengono a seguito dell’aggiornamento dei due stabilizzatori automatici della nostra spesa pensionistica: i coefficienti di trasformazione del montante contributivo e l’adeguamento dei requisiti di pensionamento sulla base della variazione su media triennale della speranza di vita a 65 anni. La comunicazione dei parametri da parte dell’Istat è prevista dopo l’estate, in modo da consentire al ministero dell’Economia e del Lavoro di varare i decreti attuativi.
Sul tema è intervenuto recentemente anche il presidente dell’Inps, Tito Boeri, dichiarando che senza questo adeguamento automatico, la spesa pensionistica tornerebbe a salire pesando sulle spalle delle generazioni future.
Pianificazione: unica via
Sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale e adeguatezza delle prestazioni due elementi sempre più in antitesi, soprattutto in uno scenario demografico come quello delineato dall’Istat (ormai da qualche anno).
Il processo di riforma sulla “flessibilità in uscita”, con l’introduzione di strumenti quali APE e RITA, apre nuove opportunità per anticipare l’uscita dal mondo del lavoro. Opportunità che, ogni lavoratore, avrà la possibilità di cogliere ad una condizione: un’adeguata pianificazione del percorso previdenziale.
Cosa fare? Il primo passo è informarsi per conoscere, a prescindere da quanti anni manchino al pensionamento, la propria situazione previdenziale. Poi, sulla base di queste informazioni, sarà possibile iniziare a delineare il percorso verso la “pensione ideale”