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GARANTITO TFR – Nuovi scenari, nuovo gestore, nuova copertura assicurativa

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Nei giorni del “Recovery Fund”, che riporta l’attenzione sul tema dell’indebitamento del nostro Paese e dei tassi bassi, assistiamo al “Cambio della guardia” nella gestione del comparto dedicato ai pensionandi: Cattolica, dopo 13 anni di gestione, passa il testimone a Generali Insurance Asset Management SGR.

L’abbiamo indicato in ogni commento ai rendimenti del mese da un anno a questa parte, lo avete trovato scritto nelle ultime “Comunicazioni Periodiche” (l’estratto conto del Fondo) e, pochi giorni fa ci siamo ripetuti nella lettera spedita a tutti i 53.000 associati che hanno scelto il “Garantito TFR”.

Oggi, con questo articolo (sperando di non esservi venuti a noia), ricordiamo ancora una volta che il 30/06/2020 è scaduto il contratto con Cattolica Assicurazioni, gestore del comparto fin dal 2007. L’assicuratore veronese, come previsto dal contratto, sta procedendo al conteggio e al reintegro di tutte le posizioni individuali il cui valore risulti inferiore al “minimo garantito, per poi cedere il testimone al nuovo partner.

Ringraziamo quindi Cattolica per la professionalità con la quale ci ha accompagnato in tutti questi anni, gestendo una convenzione che ha fatto del Garantito TFR uno dei migliori prodotti previdenziali fra quelli adatti ai pensionandi o ai risparmiatori previdenziali particolarmente avversi al rischio.

Recovery Fund e risparmio previdenziale. Così lontani, così vicini.

Il cambiamento di gestore che oggi commentiamo, matura proprio nei giorni in cui è giunto a definizione il nuovo “Recovery fund” europeo. Due eventi solo apparentemente lontani, ma in realtà fortemente interconnessi. Riguardo al Recovery fund, vorremmo andare oltre ai commenti “da stadio” sulla soluzione adottata; ciò che interessa sono più che altro le premesse che hanno portato alla decisione, ossia la necessità di sostenere l’economia del “malato d’Europa”, l’Italia. Una brutta situazione, a cui siamo giunti anno dopo anno e sulla quale la crisi Covid-19 si è inserita impietosamente. Le difficoltà coinvolgono anche il risparmio, soprattutto il reddito fisso (i titoli di stato), investimento caratterizzante proprio i comparti a rischio ridotto, come il Garantito TFR.

Calano i rendimenti dei titoli di stato…

La vita del Comparto Garantito TFR ci permette di ripercorrere la storia della nostra economia in un processo – non del tutto compreso dall’opinione pubblica – di progressivo deterioramento. La “vecchia” convenzione del Comparto Garantito TFR venne infatti sottoscritta nel lontano 2007: eravamo per così dire nella preistoria finanziaria. Allora il rendimento medio dei titoli di stato del nostro Paese (Rendistato) era superiore al 4,7%, livello che consentiva a Cattolica di offrire – con un certo margine – una garanzia consistente come quella che conoscevamo. Oggi lo stesso indicatore è pari è pari all’1% (lo scorso settembre era a 0,5%). Si intuisce chiaramente che tali rendimenti non sono tali da permettere l’attivazione di una protezione analoga a quella del passato.

…e cresce il rischio.

Non solo… dal 2007 ad oggi (dopo Lehman Brothers, la crisi dello spread ed ora l’impatto di Covid-19), il debito pubblico del nostro Paese è passato da 1600 miliardi agli attuali 2500 miliardi. Nel frattempo, il Prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto molto meno (da 1500 miliardi a 1700 miliardi) così che il rapporto fra debito e PIL è salito da 99% al 150% (valore stimato 2020).

La nostra economia, appesantita da tale fardello, raccoglie quindi con maggior fatica danaro ed ha avuto bisogno, in questi anni, della protezione della BCE di Mario Draghi che – anche contro l’opinione di un pezzo di Europa – ci ha sostenuti comprando titoli in quantità (grazie al quantitative easing). L’abbassamento dei tassi ha pure fatto in modo che il deficit italiano non esplodesse (cosa sarebbe accaduto al nostro Paese se i tassi fossero rimasti quelli del 2011, dopo la crisi dello spread?).

Questi numeri ci dicono che, rispetto al 2007, siamo un paese economicamente peggiore e dunque più rischioso, ma che paga tassi più bassi sul debito. Piaccia o no, tale “fotografia” ci è resa anche dalle Agenzie di Rating: nel 2007 Standard & Poor valutava il debito italiano “AA-”, oggi la stessa agenzia ci valuta 5 livelli più in basso (BBB).

Peggio ancora fa Moody’s, per i quali siamo “Baa3”, 7 livelli in meno rispetto alla valutazione del 2007 (Aa2), ultimo livello della “Serie A” dell’Investment grade. Ecco perché oggi abbiamo bisogno del “Recovery Fund”; oggi investire in titoli di stato italiani significa subire più rischio… avendo in cambio meno rendimento.

Investimenti sicuri? Si, ma con tassi negativi.

In questo contesto, i gestori cercano alternative d’investimento adatte a chi è avverso al rischio, e sono magari portati a considerare i Bund tedeschi, titoli di stato che ancor oggi vantano la “tripla A”, come nel 2007Solo che… tale sicurezza si paga: il bund quinquennale oggi offre un rendimento del -0,5% annuo. Siamo nel mondo dei rendimenti negativi, che la scorsa estate sulla stessa scadenza sfiorarono il -1%. E allora, conti alla mano… il risparmiatore che, alla ricerca di sicurezza, investisse in un titolo che rende ogni anno il -1% ha in effetti una sicurezza: realizzare una perdita “garantita”, che in dieci anni è pari al 10% dell’investimento inizialmente effettuato (se non fosse chiaro, significa che su 100 euro investiti ne porta a casa 90).

Ma il risparmiatore lo sa?

Abbiamo tante volte discusso questo tema, spiegando ai nostri lettori che “il mondo (finanziario) è cambiato” radicalmente. Non ci stancheremo di continuare a farlo. Soprattutto per spiegare che a maggiori rendimenti corrispondono maggiori rischi e che i rischi mal si conciliano con il breve termine (…ma diventano talvolta un’opportunità se un risparmiatore ha dalla sua parte il “fattore tempo”). Chi sta nel “Garantito TFR”, tuttavia, ha un orizzonte temporale breve: qui l’obiettivo resta la protezione del capitale.

La proposta di Solidarietà Veneto.

In uno scenario tanto avverso, molti fondi pensione si sono trovati spiazzati: alcune gare per la ricerca di gestori a cui affidare i mandati dedicati ai “pensionandi” sono andate ripetutamente deserte. Del resto, quale gestore accetterebbe di offrire livelli di rendimento garantito superiori a quelli offerti dai titoli in cui egli stesso investe? Anche per Solidarietà Veneto il percorso di selezione è stato lungo e faticoso ma, dopo una competizione di quasi 5 mesi, abbiamo individuato un partner serio ed affidabile, che riteniamo all’altezza delle aspettative degli iscritti al comparto: Generali Insurance Asset Management SGR.

Una protezione per gli scenari più avversi, ma non l’unica.

Generali, che è subentrato dal 1° luglio, si presenta con un’offerta evidentemente diversa rispetto al passato: il gestore ha come obiettivo di rendimento pari all’1% + l’Euro Short term rate (ad oggi -0,549%). Se quindi il mercato per i prossimi dieci anni dovesse rimanere inalterato, i risparmiatori che scelgono il Garantito TFR possono contare su di un’aspettativa di conservazione del capitale. I mercati, peraltro, potrebbero anche cambiare e la prudenza è d’obbligo. Per questo il contratto con Generali prevede una protezione assicurativa in caso di “sinistro” (rendimenti negativi) fino al 90% del capitale versato. L’esempio di poco fa sul “Bund” tedesco quinquennale, titolo di stato considerato “free risk” (privo di rischio) ci pare a tal riguardo particolarmente adeguato ad individuare concretamente il costo della sicurezza, nel nuovo scenario finanziario.

Ma allora non era meglio il TFR in azienda?

Domanda provocatoria… ma la nostra risposta, a conti fatti, è “NO”: l’obiettivo di rendimento del comparto, combinato con i vantaggi fiscali, consente comunque al lavoratore di poter disporre di una situazione di vantaggio rispetto alla alternativa più tradizionale; questo ad una condizione: non bisogna “abusare” del comparto, selezionandolo quando si è ancora troppo distanti dal prelievo finale (ma sappiamo che gli iscritti al Garantito TFR sono di regola i pensionandi o i pensionati).

In aggiunta a tutto ciò abbiamo anche la protezione assicurativa sopra menzionata che, in caso di scenario avverso protegge, non solo il TFR, ma anche tutte le altre contribuzioni.

Per i giovani una prospettiva interessante, anche nello scenario più difficile.

Di regola i più giovani non scelgono il Comparto Garantito TFR, anche se in passato qualche eccezione c’è stata, alla luce della situazione di particolare convenienza che caratterizzava la “vecchia” convenzione. Occorre però dire che l’atteggiamento dei più giovani talvolta prende le distanze dalla questione della “convenienza” in senso stretto. C’è più che altro l’attenzione a pianificare il proprio risparmio di lungo periodo per poter gestire con maggiore libertà la propria “uscita” dal mondo del lavoro. C’è pure un crescente interesse rispetto all’investimento sostenibile in chiave ESG, soprattutto con riferimento ai temi ambientali.

Tuttavia, è proprio per i più giovani che il fondo pensione può generare elementi di convenienza in senso stretto. I più giovani dispongono del fattore chiave: il tempo; e possono così permettersi scelte di investimento che approfittino della volatilità, come leva per ottenere rendimento nel lungo periodo. Oltretutto, attraverso il Fondo, beneficiano di uno strumento che condensa due altri elementi chiave: la diversificazione, che comprime i rischi, e i bassi costi, che non erodono i rendimenti. Magari utilizzando la tecnologia del Percorso Previdenziale Ideale (PPI), novità introdotta da inizio anno e già attivata da oltre 700 aderenti.

A beneficio degli aderenti più sofisticati, non va trascurato neppure il “multiprodotto”, l’originale opzione che consente di articolare l’investimento su più comparti. Su tutto, la consulenza costante di Solidarietà Veneto che con oltre 50 presidi sul territorio e l’attivazione dello “Sportello informativo online” è in grado di offrire soluzioni d’investimento su misura, coerenti con il profilo di ogni iscritto.

Senza dimenticare che nel 2021 è previsto l’aggiornamento triennale del nuovo “Documento sulle politiche di investimento”: dopo l’avvio del multiprodotto (2002), gli investimenti in private debt (2013) e private equity (2018), il PPI (2020)… quali innovazioni introdurrà il fondo pensione regionale per rispondere alle esigenze degli associati? Continuate a seguirci: abbiamo in serbo ancora qualche sorpresa.

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